Taranto e il suo aeroporto |
Abbiamo la fortuna di avere una grande infrastruttura libera da qualsiasi vincolo, se non quello che ci viene imposto da Nichi Vendola: "Restare chiuso".
Un aeroporto che ha un'estensione pari a mezza Taranto e può continuare a svilupparsi ed ampliarsi (a differenza di Bari e Brindisi) senza problemi. Un aeroporto cosi, in altre parti d'Italia (vedi Perugia e Bergamo) ha fatto svoltare l'economia per tutto l'indotto che ci gira intorno. Mi è sembrato esemplificativo questo articolo di Fabrizio Patti:
Le città ideali? Sorgeranno attorno agli aeroporti
Spazi immobiliari enormi nascono attorno agli hub: uffici ma anche negozi e cliniche. Italia al palo
Si chiama Aeroville e sarà completato entro la fine del 2013. È un nuovo centro commerciale di 110mila metri quadrati, cioè di dimensioni extra-large, che sorgerà nell’area dell’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Sarà un unicum in un aeroporto ma non è certo la prima realizzazione nelle aree del CdG. Già oggi nelle aree di proprietà dello scalo si contano oltre 700 aziende attive, che generano 87mila posti di lavoro. Se si estende lo sguardo alle immediate vicinanze all’aeroporto, i 770mila mq di uffici portano il conteggio a 250mila occupati.
Sono cifre destinate a salire: un documento finanziario di Aéroports de Paris informa che tra il 2011 e il 2015 lo sviluppo immobiliare totale oscillerà tra i 320mila e i 360mila metri quadrati. Si tratta di alberghi, uffici, attività commerciali e centri di logistica e supporto al cargo. In una parola, è dell’essenza delle airport city, i quartieri aeroportuali che si stanno trasformando in vere città.
«Lo sviluppo delle airport city sta considerevolmente accelerando, moltiplicandosi rapidamente su scala globale». Inizia così un articolo sull’ultimo numero della rivista “Airport World”, a firma del professor John Kasarda, considerato il guru delle città aeroportuali. Autore del neologismo “aerotropoli”, ha studiato tutta la vita l’economia legata ai nodi intermodali e ha elaborato uno schema di città aeroportuale ideale. Nel suo ultimo studio ha identificato 80 airport city nel mondo: 38 sono nel Nord America, 20 in Europa, 17 in Asia e Pacifico, sette in Africa e Medio Oriente, due nell’America Latina. L’Italia è completamente assente dalla mappa.
La chiave per capire questo balzo è che gli hub sono sempre meno delle semplici infrastrutture dedicate al volo e stanno diventando magneti di business e acceleratori dello sviluppo di intere regioni. Una ricerca dello stesso Kasarda ha mostrato come negi Stati Uniti 19 milioni di posti di lavoro, il 17% del totale degli occupati, siano posizionati in un raggio di 10 miglia dai 24 aeroporti più importanti. Nella sola Chicago si sono sviluppati 450mila posti di lavoro nel raggio di 5 miglia dall’aeroporto O’Hare.
Alle aziende globalizzate conviene avere dei punti di incontro facilmente raggiungibili da personale proveniente da ogni parte del mondo. Lo staff, i dirigenti e i clienti o fornitori si possono trovare in quartier generali virtuali, come gli sconfinati alberghi aeroportuali. I nomi più noti in Europa sono lo Sheraton di Amsterdam, l’Hilton di Francoforte e il Sofitel del Terminal 5 di Londra Heathrow. Più spesso i quartier generali sono reali.
I PROGETTI
In Europa è Amsterdam Schiphol, assieme a Parigi, la calamita più potente per le multinazionali: sono attive oltre 500 aziende, che danno lavoro a 64mila dipendenti. L’espansione è ancora in corso e riguarda attività che normalmente non avrebbero niente a che fare con un aeroporto: un museo, un casinò, un campo da golf, oltre a vari alberghi e strutture per il tempo libero. Amsterdam è stato l’apripista, sul cui esempio si sono mosse poi altre realtà quali Zurigo, Francoforte, Dublino e Berlino.
Zurigo avrà uno dei quartieri aeroportuali più interessanti: si chiamerà “The Circle”, sarà una torre rotonda, che occuperà relativamente poco spazio: 37mila metri quadrati di suolo consumato, per 200mila metri quadrati di superficie calpestabile. Oltre a uffici e hotel, avrà una grande clinica medica da 10mila metri quadrati, una spa, vuole destinare a business school e centri di ricerca 8.500 metri quadrati e avrà negozi e ristoranti per altri 17mila metri quadrati. Il progetto è dell’architetto Riken Yamamoto, che si è aggiudicato lo scorso anno un concorso internazionale. La prima fase sarà completata nel nel 2016, per un investimento di 1 miliardo di franchi svizzeri.
Simili per la varietà di attività sono i tre grandi progetti tedeschi: il Gateway Gardens di Francoforte è un’ex zona militare che dal 2008 si è trasformata in un complesso di 20 edifici, per 700mila mq di superficie e un investimento di 1,7 miliardi di euro. Sarà completato definitivamente solo nel 2021 e sarà diviso in sette quartieri. È stato concepito come un nuovo centro urbano con uffici, centri congressi, alberghi, ristoranti e un un piccolo parco e di svago. In Germania si stanno realizzando altri due quartieri aeroportuali, a Düsseldorf e Berlino. Punta moltissimo sull’airport city anche Manchester, che confida di rilanciare la propria economia grazie progetto da 700 milioni di sterline e 320mila metri quadrati di edifici di industrie, commercio e logistica. Prima pietra nel 2011, sarà completata tra 15 anni. In Irlanda è ancora più ambizioso (350mila mq solo nella prima fase) il progetto di Dublino, per il quale è previsto un investimento da 4 miliardi di euro. Ci sono poi i piani di sviluppo a Kiev e Varsavia. Fuori dall’Europa i progetti sono decine: Hong Kong, Singapore, Seul e Dubai sono i più impressionanti.
ITALIA ANNO ZERO
Per realizzare questi progetti servono principalmente, oltre ai soldi da investire, collegamenti ferroviari ie una pianificazione di lungo periodo. Proprio questo è quello che è mancato in Italia, spiega Giulio De Carli, socio fondatore della società di architettura One Works, specializzata nella progettazione di aeroporti e centri commerciali. Gli aeroporti e i territori non si coordinano, non pianificano e il risultato è doppio: «la crescita degli scali è limitata e si sono moltiplicati ovunque parcheggi privati, piccoli alberghi non attrezzati, servizi per gli autonoleggi e uffici, senza qualificare l’offerta con standard urbani e ambientali decenti».
Ci sono poi i vincoli dell’Enac (l’Ente nazionale aviazione civile), che dal 2011 non permette di costruire entro una fascia di un chilometro dall’asse della pista strutture come i centri commerciali e gli stadi. «Ma se si pianificasse in modo armonico ci sarebbe spazio per tutti», aggiunge De Carli. «Ora, con il nuovo atto di indirizzo del ministero sul Piano Aeroporti si può vedere uno sviluppo di un aeroporto nel medio termine, quindi capire quanto si estenderà in futuro e organizzare le attività di conseguenza». Il rinnovo avvenuto dei contratti di programma per gli aeroporti di Venezia, Milano e Roma, con gli aumenti tariffari e gli impegni a effettuare investimenti da parte delle società di gestione, sono un altro segnale di possibile accelerazione. Questo in teoria.
In pratica l’unico progetto concreto è quello che dovrebbe sorgere attorno all’aeroporto di Venezia, il cosiddetto Quadrante di Tessera. È un’area a nord dell’aerostazione sulla quale il Piano di assetto territoriale (Pat) prevede l’insediamento di uno stadio, di un casinò e in proporzioni minori di attività commerciali, ricettive e terziarie. Un primo progetto era stato approvato nel 2008, con la giunta Cacciari, ma il patto tra Comune e la società di gestione Save, proprietaria dei terreni, era stato vanificato nel 2011 dai nuovi limiti dell’Enac. Un secondo accordo è stato raggiunto nel 2012, con lo spostamento di casinò e stadio. Il problema è che per ora è tutto fermo: è cronaca di questi giorni uno scontro tra il comune e la Save, il cui presidente Enrico Marchi accusa il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni di non voler portare avanti il progetto, avendo disertato gli incontri fissati.
I piani attorno agli altri scali sono ancora più lontani: l’aeroporto di Bologna aveva annunciato nel 2009 lo sviluppo di un ambizioso centro direzionale ma non ci sono stati sviluppi successivi. Dall’aeroporto il direttore business non aviation, Stefano Gardini, non dà per spacciato il complesso: «il progetto è vivo, si tratta di capire quali saranno i tempi». Attorno all’aeroporto di Pisa il documento preliminare di indirizzo per il piano strutturale dell’area pisana ha ipotizzato un nuovo centro congressi nei pressi dell’aeroporto Galilei, dentro un quartiere con più servizi e più vivibile, ma non esiste un progetto concreto.
Ci sono poi gli sviluppi di privati, non coordinati dagli aeroporti, che assomigliano vagamente a dei quartieri aeroportuali. Ma anche loro non hanno avuto fortuna. Vicino all’aeroporto di Orio al Serio sono già presenti il centro commerciale Oriocenter e un hotel Nh. Ma l’adiacente Polo del lusso, progetto dei costruttori Percassi, è fermo. Non abbandonato definitivamente, ma i lavori sono stati rinviati di due anni.
Sempre per la crisi, sia economica ma soprattuto di traffico, si è sgonfiato anche l’MXP Business Park di Malpensa. Presentato nel 2008, era un progetto immobiliare da 270mila metri quadrati contiguo all’aeroporto di Malpensa. Avrebbe dovuto contare un centro direzionale in cui le aziende avrebbero potuto «affittare uffici e spazi multimediali evitando di essere costretti ad avventurarsi nel caos cittadino», come riportavano articoli al momento del lancio. Lo ha sviluppato da Villa Carmen Srl, una società partecipata dall’olandese Schiphol Real Estate, da Finiper e altri investitori italiani. In realtà, degli otto moduli previsti ne è stato realizzato solo uno. Utilizzato da Lufthansa Italia, è poi stato abbandonato dalla compagnia quando questa ha lasciato l’Italia. Nel suo ultimo bilancio l’aeroporto di Schiphol comunica di aver ceduto la propria partecipazione nella società Villa Carmen.
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