Articolo di Alessandro BARBERA (la Stampa)
Niente ricapitalizzazione, salvataggio pubblico o
nozze arabe. Il futuro di Alitalia è scritto nella volontà della sua promessa
sposa e prima azionista Air France-Klm. La banca d’affari Lazard, consulente di
fiducia della compagnia franco-olandese, ha avuto mandato dal numero uno
Jean-Cyril Spinetta di preparare il piano di fusione fra le due compagnie.
Il piano,
secondo quanto riferiscono fonti confidenziali, è pronto per essere sottoposto
ai soci italiani di Alitalia e prevede la nascita di un’unica holding fra le
tre compagnie con un’operazione carta su carta di scambio di azioni. Il 12
gennaio scade la clausola di lock-up che i ribattezzati capitani coraggiosi
firmarono cinque anni fa con la regia dell’allora amministratore delegato di
Intesa Sanpaolo Passera. Era il dicembre del 2008 e Berlusconi voleva a tutti i
costi salvare l’italianità della compagnia sommersa dai debiti.
Quella
decisione cancellò la gara voluta da Prodi che individuava nei francesi l’unico
partner possibile. Per ironia della sorte, o semplicemente per l’ineluttabile
logica delle cose, le lancette tornano indietro di sei anni.
Dopo mesi di passione, il colosso franco-olandese
sta migliorando i conti. L’ultima trimestrale (da luglio a settembre) dice che
Air France-Klm ha avuto cinquecento milioni di risultato operativo, cento in
più dello stesso periodo del 2011.
A luglio dell’anno scorso il titolo aveva toccato i
minimi storici - tre euro ad azione - ora è stabilmente sopra i sette, e le
previsioni sono di un’ulteriore salita nel corso del 2013. Ecco perché, dopo
aver messo nel cassetto il progetto ed essersi concentrato sulla
ristrutturazione della compagnia, Spinetta - 69enne di origine corse - torna
sul dossier con il quale vorrebbe chiudere la sua lunga carriera. Per Alitalia,
i suoi soci e l’amministratore delegato Andrea Ragnetti prendere una decisione
sarà difficile. E’ il tema di cui ieri si è discusso a lungo in un consiglio di
amministrazione.
La clausola di lock-up scade il 12 gennaio e
prevede che fino al 28 ottobre il trasferimento a terzi avvenga a condizione
che gli altri soci non esercitino il diritto di prelazione. Ma molti dei soci
sono presi da altri problemi: Emilio e Fabio Riva, i più importanti dopo i
francesi e Intesa, sono rispettivamente agli arresti e ricercato, stessa cosa
vale per Francesco Bellavista Caltagirone. Marcello Gavio non c’è più,
Fondiaria Sai e le sue partecipazioni sono finite a Unipol.
La palla è dunque nelle mani di Intesa, che nel
frattempo ha cambiato amministratore delegato - Tommaso Enrico Cucchiani - del
socio-presidente Roberto Colaninno e della politica, che - pur non essendo più
azionista - dovrà inevitabilmente dire la sua.
La storia si ripete beffardamente, perché il
momento delle decisioni arriva nel pieno di una transizione: su quale tavolo
arriverà la richiesta dei francesi? Su quello del governo uscente e di un
premier (Monti) il cui destino politico è ancora incerto oppure i soci Alitalia
attenderanno il nuovo inquilino di Palazzo Chigi? La risposta non è scontata,
perché i conti non vanno bene e una decisione potrebbe rendersi necessaria
prima di giugno, e perché fra i soci non c’è una linea comune, se non quella di
evitare una ricapitalizzazione a spese loro.
Due giorni fa, in un’intervista al Messaggero,
Ragnetti ha rivendicato «mani libere» per discutere il suo futuro anche con gli
arabi di Etihad. La verità è un altra: per ragioni azionarie e industriali il
destino della compagnia italiana è segnato, e le parole di Ragnetti servono ad
alzare il prezzo della trattativa. Insomma, è solo una questione di tempo e di
prezzo: ad Alitalia credono che una azione di Air France ne valga al massimo
quattro delle sue, i francesi immaginano un concambio di uno a sette.