Perchè tanto interesse per l'aerospazio? Forse perchè c'è tanto spazio e tanto spazio per manovre.
I nostri politici sono rimasti letteralmente affascinati da questa nuova attività (ovviamente lontana da casa loro).
Speriamo, prenotino al più presto, un viaggio andata/ritorno: lasciamo a voi decidere!
Ecco un articolo del Fatto Quotidiano, ad opera di Pierluigi Giordano Cardone, che spiega il nuovo business:
Sul futuro del Centro di ricerca aerospaziale di Capua pende una spada di Damocle che arriva dal passato: è la relazione di 148 pagine chiesta a Deloitte dall’ex presidente Asi Roberto Battiston per far luce sulla gestione del Cira dal 2011 al 2016, anni in cui alla guida dell’Agenzia (che controlla il Cira) c’era prevalentemente Enrico Saggese, dimessosi nel 2014 dopo lo scandalo che gli è costato il rinvio a giudizio per corruzione. Chiesta a febbraio 2017, costata 100mila euro e consegnata dopo sette mesi, la due diligence è da sempre considerata un documento super riservato, di cui pochissimi ne conoscono il contenuto. Nei giorni dello scontro a distanza tra il commissario dell’Asi Benvenuti e il suo vice Cinque anche sul report Deloitte, ilfattoquotidiano.it ha potuto studiare nel dettaglio la due diligence. Che scatta una fotografia della gestione opaca del Centro di ricerca, con costi del personale e delle consulenze esterne lievitati negli anni a fronte di un taglio della manutenzione. Un fattore, quest’ultimo, che ha causato danni e mancato utilizzo delle strutture avveniristiche del Cira, con conseguenti ed esorbitanti necessità di spese (si parla negli allegati tenici di 20 milioni) per riportarle in funzione. Si tratta di impianti di proprietà dello Stato, che negli anni ha investito oltre un miliardo di euro per realizzarli.
La relazione super riservata sparisce dai radar
Nonostante queste notizie la due diligence sparisce: non viene mai resa pubblica, come raccontato anche da una determinazione della Corte dei conti. È il 18 settembre 2018, infatti, quando i giudici contabilipubblicano la loro relazione sul bilancio 2016 del Cira (perdite per 7,2 milioni), in cui confermano le criticità finanziarie e in merito alla due diligence scrivono: “Gli esiti, pur trasmessi ai Soci (delibera consiliare del 21 dicembre 2017) al fine dell’individuazione di possibili responsabilità e dell’avvio delle susseguenti iniziative legali nei riguardi dei possibili responsabili, non hanno ancora avuto seguito, nonostante le possibili responsabilità, anche di natura amministrativa, connesse a inerzie o ritardi nell’esercizio degli strumenti societari a salvaguardia degli interessi e delle finanze dell’azienda e delle amministrazioni socie”. Niente. La due diligence che rischia di causare un terremoto nel Cira non sortisce alcun effetto, tanto che prima Battiston (il 5 dicembre 2017 e il 23 ottobre 2018) e poi il commissario Benvenuti (il 5 febbraio 2019) chiedono ai vertici del Cira di capire quali azioni hanno messo in campo per dare seguito a quanto suggerito da Deloitte, che ha consigliato di far vagliare il documento da un pool di legali per valutare anche le eventuali ipotesi di reato. Da dicembre 2017 ad oggi, però, nessuna risposta concreta è arrivata da Capua.
Ecco cosa dice il documento di Deloitte
Il documento di Deloitte è composto da 148 pagine: nella prima parte sono analizzate la situazione economica, lo stato degli impianti (e la manutenzione), il modus operandi gestionale, i costi per i servizi e i progetti; nella seconda vengono passate in rassegna quelle che Deloitte definisce “red flag“, ovvero le transazioni critiche: si tratta di 18 possibili anomalie, costate all’ente 548mila euro e riguardanti soprattutto le consulenze esterne e i servizi di viaggio, comunicazione e pubblicità. Per quanto riguarda la prima parte, la società di revisione ha sottolineato come sin dal 2011 il Cira abbia messo in campo una politica di contrazione dei costi, con particolare attenzione alla manutenzione degli impianti. Un passo molto importante evidenziato da Deloitte è la dismissione, ad opera di Massimo Cavaliere, di un sistema per la gestione della Manutenzione (il software Maximo), in grado di tracciare tutti gli interventi manutentivi. Dal 2009, poi, la manutenzione è stata appaltata all’esterno e nel 2013 il management del Cira ha dato ordine di cancellare definitivamente i dati registrati su Maximo (si tratta di elementi preziosi per comprendere quali interventi siano stati fatti e quali no con relativi costi). Tutto ciò, afferma la Deloitte, ha contribuito ad una situazione di degrado degli impianti (cosa esplicitamente confermata dal rapporto dei tecnici allegato alla Due Diligence) ossia del patrimonio dello Stato. A questo punto Deloitte mette in rassegna i numeri: secondo un modello matematico-statistico in grado di quantificare i costi di manutenzione per preservare l’integrità, l’efficienza e la disponibilità degli impianti, il centro di Capua avrebbe dovuto spendere dal 2011 al 2016 circa di 31 milioni di euro. Quanti ne ha spesi, invece? Secondo Deloitte poco meno di 10 milioni, il che – stando a documenti interni forniti dal Cira – ha creato una situazione di degrado nelle strutture, con conseguente diminuzione del valore di produzione dovuto anche al fermo di alcuni impianti.
Risparmi su manutenzione, non sulle assunzioni
Nel 2015 i tecnici di Capua mettono nero su bianco quanto bisogna spendere per ripristinarne la piena funzionalità: tra costi esterni di ripristino e quelli di revamping, nel triennio 2015-2017 l’ente doveva prevedere una spesa di oltre 19 milioni di euro. Parallelamente dal 2011 al 2016 e nonostante le prescrizioni della Corte dei Conti, sono aumentati i costi per il personale, che ha fatto registrare mediamente un’incidenza del 51% sul valore di produzione: merito – o colpa – delle continue assunzioni di nuovi dipendenti (oltre 50 in quattro anni), a cui non sono corrisposti miglioramenti della produzione interna. Al contrario, invece, sono aumentate le consulenze esterne. E qui si arriva alla seconda parte della due diligence, quella relativa alle cosiddette “red flag”. Tra le 18 transazioni critiche prese in esame, ce ne sono almeno un paio che meritano di essere raccontate, specie perché riguardano persone note alle cronache giudiziarie.
Da Mario Giacomo Sette alla Sistina Travel
La Deloitte, ad esempio, racconta con dovizia di particolari il rapporto tra il Cira e Mario Giacomo Sette, che nel 2010 ha sottoscritto un contratto da 50mila euro per relazioni istituzionali e promozione dell’immagine. Alla scadenza del contratto, il rapporto viene prolungato di un altro anno (stesso stipendio), poi nel 2013 Sette viene assunto al Cira con contratto a tempo determinato a 50mila euro annui. Deloitte sottolinea una serie di criticità, dall’assenza di documentazione su selezione e qualifica del consulente fino alla mancata presenza di documenti a supporto delle prestazioni rese da Sette. Non solo. La totale mancanza di prove documentali per la società di revisione potrebbe prefigurare anche un rischio di incoerenza di natura economica tra il valore di quanto pagato e la prestazione resa, per non parlare del fatto che il lavoro di Sette poteva esser svolto dal personale interno all’ente di Capua. Il nome di Mario Giacomo Sette, tuttavia, significa ben altro nella storia dello spazio made in Italy: nel 2014, infatti, lui e la sorella Francesca vennero arrestati (ai domiciliari) perché coinvolti nello scandalo-tangenti che portò alle dimissioni di Enrico Saggese dalla presidenza Asi. Accusati di corruzione, frode fiscale e falsa fatturazione, il 15 febbraio scorso i due hanno patteggiato (con sospensione) la pena: 20 mesi di reclusione per Mario Giacomo Sette, due anni per la sorella. Si tratta di una condanna vera e propria: il giudice, rigettando il proscioglimento, ha sottolineato che è emersa “anzi la penale responsabilità di entrambi gli imputati”. In quella storia di mazzette, gli indagati erano in tutto sette: oltre a Saggese, ai due fratelli e ai loro genitori, c’erano anche gli imprenditori Alfiero Pignataro e Salvatore Marascia. Quest’ultimo era il socio unico della Sistina Travel, un’agenzia di viaggi che dal 2012 ha lavorato per Asie Cira e che occupa un altro capitolo nella due diligence. La Deloitte, infatti, ha messo in evidenza gli strani affidamenti diretti (per 50mila euro in due anni) e la relativa mancanza di documentazionecirca le forniture in questione. Stesso, identico discorso per la Art Work di Alfiero Pignataro: la società di promozione e comunicazione ha preso 50mila euro dal Cira nel biennio 2011-2012, anche in questo caso – sottolinea Deloitte – con evidenza “carenza di documentazione” attestante la regolarità della fornitura.
L’ingresso del Cira nella società Aspen
Un capitolo a parte è dedicato da Deloitte all’ingresso – datato 27 marzo 2013 – del Cira in Aspen, società specializzata in prodotti/servizi iper tecnologici con sede ad Albuquerque, nel Nuovo Messico. Il Centro di Capua ha acquistato il 12,9% delle azioni, per un totale di oltre 3 milioni: nel bilancio 2017 – come riportato dalla Corte dei Conti – la partecipazione è stata svalutata fino a valere 0,4 milioni. La Deloitte, tuttavia, si concentra sulla natura dell’investimento, perché la documentazione messa a disposizione non ha consentito di accertare in maniera inequivocabile la correttezza dell’operazione: il Cira, infatti, non può utilizzare fondi pubblici del Pro.R.A (finanziati dal Miur e destinati esclusivamente alla ricerca) per finalizzare l’acquisizione societaria. Oggi, tuttavia, sappiamo che l’investimento “strategico” fatto all’epoca da Saggese oggi vale circa un decimo della spesa sostenuta dal Cira.
Le possibili ipotesi di reato e le liste dei nomi
Prima di analizzare singolarmente le transazioni critiche, tuttavia, la Deloitte ha anticipato i principali “rischi-reato astrattamente configurabili” nel periodo 2011-2016, con riferimento a possibili abusi. La società di revisione, pur specificando che la sua non è e non vuole essere una consulenza legale, ha messo in rassegna le eventuali ipotesi di reato riscontrabili: corruzione, abuso d’ufficio, concussione, reati societari, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato, reati ambientali, sfruttamento del lavoro, delitti di criminalità organizzata, ecc. Una volta esaminato il documento, l’11 dicembre 2017 il Cira chiede a Deloitte di fornire “un elenco dei nominativi di tutti i soggetti nei confronti dei quali siano emersi potenziali coinvolgimenti nelle vicende di interesse“. La richiesta derivava dall’esigenza di produrre delle lettere di interruzione cautelativa della prescrizione di trasmettere la due diligence all’assemblea dei soci, che a sua volta doveva decidere se avviare o meno eventuali azioni anche di natura legale rispetto a quanto emerso nel report. La Deloitte invia la prima lista il 21 dicembre 2017: tra i 26 nomi riportati, ci sono pezzi da novanta dello spazio italiano, come l’ex presidente Asi Enrico Saggese, l’ex presidente del cda Cira Luigi Carrino e gli ex direttori generali Massimo Cavaliere, Leopoldo Verde e Mario Cosmo. In merito a questi nomi Deloitte è categorica: non si tratta di una lista di potenziali colpevoli, ma solo di chi ricopriva ruoli di comando nel periodo preso in esame e in relazione alle criticità emerse. Gli approfondimenti della società, infatti, “non hanno comportato considerazioni di natura giuridica con riferimento ad eventuali profili di responsabilità, che evidentemente devono essere accertati nell’ambito di più ampie valutazioni legali“. L’8 gennaio 2018, poi, la Deloitte sempre su richiesta del Centro di Capua, invia anche un’altra lista di nomi, quelli di chi ha ricoperto all’epoca il ruolo di componente del Collegio Sindacale Cira dal 2011 al 2016. Anche per questa lista vale il discorso fatto prima: nessuna considerazione di carattere legale. Resta la fotografia di una gestione poco chiara e il consiglio della società di revisione: far vagliare il documento da un pool di avvocati per valutare anche le eventuali ipotesi di reato.
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